Aveva poco più di 30 anni e si chiamava Mehdi Zare Ashkzari, è morto nell'Iran che sta massacrando la sua gioventù. È l'ennesima vittima della violenta repressione che il regime sta mettendo in atto da quando, tre mesi fa, sono iniziate le proteste di piazza per la morte di Mahsa Amini. Lei era stata arrestata perché non indossava il velo in modo corretto, ed è entrata in coma mentre era tra le mani della polizia morale. E forse proprio per evitare il ripetersi di una situazione simile, Mehdi colpevole di aver partecipato ad una manifestazione di piazza, dopo l’arresto, le botte, le torture, era stato rilasciato; 20 lunghi giorni di coma e poi la morte. Studiava farmacia all'Università di Bologna, la stessa che Patrick Zaki frequentava prima di essere arrestato nel suo Paese l’Egitto. Mehdi era rientrato in Iran due anni fa per stare accanto alla madre malata. Un nuovo anno comincia, dunque, nella Repubblica Islamica esattamente come era finito il precedente. Il pugno duro delle autorità iraniane, apparentemente non mostra crepe. Come il ferreo controllo sulla vita delle persone: arrestati e poi rilasciati per aver partecipato a una festa di Capodanno con uomini e donne e aver consumato alcolici, alcuni calciatori di una squadra di Teheran. Intanto Sara Khadem, la scacchista che ai mondiali in Kazakhistan ha giocato senza l'hijab obbligatorio, è stata disconosciuta dal suo Paese, dove non tornerà. Probabilmente si trasferirà in Spagna con il marito regista e il bimbo di un anno. Arresti arbitrari, processi sommari a porte chiuse e senza avvocati, sentenze farsa. Due le condanne a morte già eseguite, molte altre comminate. E gli occhi del mondo restano puntati sulla feroce repressione, mentre appare sempre più evidente che quella, iniziata come una protesta contro l’obbligo del velo e l’oppressione delle libertà, è solo la punta dell’iceberg di una rivolta diventata totale contro il regime teocratico.