Seconda vittima dell'esecuzione in Iran. Questa volta è Maji-dre-za Rah-Nav, 23 anni impiccato su pubblica piazza all'alba attaccata ad una gru, affinché tutti vedano e non dimenticano. Il macabro monito è rivolto a tutti coloro che protestano da tre mesi in Iran chiedendo libertà, diritti civili e il crollo del regime. Il video scioccante circola sui social ma decidiamo di non mostrarlo in rispetto della vittima e della famiglia tenuta all'oscuro dell'esecuzione fino alla fine. La teocrazia iraniana non ascolta nessuno e va dritta per la sua strada con il pugno di ferro in una spirale sempre più spietata e cieca. Il Governo uccide i suoi cittadini, non solo sparando durante le rivolte, ma condannandoli a morte grazie a processi fasulli e confessioni forzate. Magistratura, forze di sicurezza e militari, potere religioso e civile. Tutto si tiene e non appaiono crepe nella Repubblica islamica. Solo tre Ayatollah hanno criticato l'esecuzione. Altri 11 ragazzi aspettano la morte in prigione; condannato anche un ex calciatore, un attore teatrale di 26 anni. Forse più di tante parole basta ascoltare lo strazio della madre del primo giovane giustiziato Mohsen Shekari per capire cosa vive l'Iran. Intanto, davanti alla condanna unanime dell'Occidente, la litania del Ministero degli Esteri iraniano non cambia: i rivoltosi sono criminali sobillati dalle potenze straniere mercenarie. Il regime sta mostrando moderazione e continuerà così: 15 mila forse 16 mila le persone arrestate, oltre 400 morti. I racconti delle torture che filtrano dalle prigioni sono terrificanti. Un gruppo di prigioniere politiche nel reparto femminile della prigione di Evin a Teheran ha annunciato un sit-in nell'ufficio dell'ufficiale di Guardia del reparto per protestare contro le esecuzioni: ma non si hanno conferme di questo.























