Londra e poi Washington. Appelli, i loro, caduti nel vuoto. Alireza Akbari, cittadino iraniano-britannico, è stato giustiziato per impiccagione, poco prima dell’alba. Accusato di spionaggio per conto dell’intelligence britannica, di avere rivelato segreti di Stato, Akbari è stato condannato per "corruzione e per aver danneggiato la sicurezza interna ed esterna del Paese". Accuse che aveva sempre contestato e in una registrazione audio trasmessa qualche giorno fa dalla BBC Farsi, affermava di essere stato torturato per oltre 10 mesi e costretto a confessare crimini che non aveva commesso. Più volte in questi giorni il Foreign Office britannico aveva chiesto di poter fornire assistenza al suo cittadino, ma il regime aveva rifiutato dal momento che non riconosce la doppia cittadinanza per gli iraniani. Duro il commento del primo ministro britannico Sunak che si dice "sconvolto" e parla di "atto vile, compiuto da un regime barbaro che non rispetta i diritti umani del proprio popolo". Arrestato nel 2018, Akbari era stato vice ministro della Difesa dal 1997 al 2005, gli anni del mandato dell'ex presidente riformista Mohammad Khatami, ed era molto vicino all'allora ministro della Difesa Ali Shamkhani, oggi uno dei membri del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale. E proprio da avversari di Shamkhani all’interno del regime iraniano potrebbero arrivare le accuse contro Akbari. Lo suggeriscono alcuni osservatori, secondo cui si tratta di accuse politicamente motivate, una condanna a morte dovuta dunque, ad accordi interni tra diverse fazioni.