Nonostante i soprusi i manifestanti iraniani non si lasciano intimidire e al grido di "morte al dittatore" in alcuni casi assaltano i centri del potere in diverse città del Paese, al prezzo altissimo della vita dei manifestanti. Confessioni e nuove versioni vengono estorte con la violenza e le minacce ai familiari delle ragazze uccise dalla polizia morale. Arresti e sparizioni sono all’ordine del giorno: il corpo del giornalista iraniano morto in esilio in Europa, Reza Haghighatnejad, è stato sequestrato dai guardiani della Rivoluzione Islamica all'aeroporto di Shiraz; i genitori di Mahsa Amini sono agli arresti domiciliari. La resistenza iraniana ha pubblicato il video delle telecamere del santuario nella città di Shiraz, dove sono morte decine di persone e dove, secondo le autorità iraniane, è stato compiuto un brutale attacco terroristico da parte dell’ISIS. Un attacco che, per il Presidente del Parlamento iraniano, è stato reso possibile dai manifestanti negli ultimi 40 giorni, ritenuti responsabili di aver gettato le basi per aprire la strada al terrorismo. È la versione preferita da Teheran: quella che giustifica, ai suoi occhi, una repressione che colpisce a 360 gradi manifestazioni assolutamente pacifiche, intergenerazionali, interclassiste. Una versione già usata in passato e che la collega a Mosca. Il Presidente russo, Vladimir Putin, ha fatto le condoglianze al Presidente iraniano Raisi per la strage e ha ribadito la sua disponibilità ad aumentare la cooperazione nella lotta al terrorismo. Mentre in risposta alle sanzioni europee, Teheran ha annunciato misure restrittive nei confronti di individui e istituzioni dell’Unione Europea, che le ha bollate come prive di fondamento.























