Mutilato, stordito, decapitato internamente e indebolito all'esterno. Il potere teocratico iraniano degli Ayatollah appare sempre più incerto, seppur saldamente arroccato. Dopo l'eliminazione dei vertici di esercito, pasdaran, aviazione, nessun leader iraniano sembra off limits, come ha detto un funzionario israeliano al Wall Street Journal, neppure la guida suprema Ali Khamenei, il leader 86enne ultraconservatore che dal 1989 dalla morte di Khomeini, guida la repubblica islamica con il pugno duro e un dogmatismo inflessibile. Di famiglia zerak Khamenei nasce a Mashhad, studia teologia nelle scuole delle città sante di Najaf e Qom, religioso di medio rango del clero sciita, una volta nominato guida suprema è riuscito a mantenere il potere e a contrastare l'ala riformista grazie all'alleanza con i conservatori e i pasdaran, i guardiani della rivoluzione. Khamenei è una figura complessa, accettò l'accordo sul nucleare con l'occidente nel 2015 in un momento in cui vedeva un rischio di coesione sociale, in cambio della riduzione delle scorte di uranio arricchito e dello smantellamento di migliaia di centrifughe, ottenne infatti la rimozione delle sanzioni economiche, pur permettendo l'ascesa di leader moderati come Khatami o Rouhani, pensando di rafforzare la stabilità nazionale, Khamenei è considerato il simbolo dell'ala ultraconservatrice della teocrazia di Teheran, avendo sempre appoggiato le brutali repressioni delle stanze di rinnovamento della società civile. La risposta che darà la guida suprema all'attacco israeliano è cruciale, ne va della sua stessa sopravvivenza. Può decretare la fine del suo potere o una trasformazione della Repubblica islamica. Khamenei è ora all'angolo e ha poche vie di uscita, non può permettersi di dimostrarsi fragile, è quindi improbabile la strada della capitolazione che segnerebbe la sua fine, decretata dall'ala più dura dei guardiani della rivoluzione. .