La seconda esecuzione in Iran scuote d'indignazione il mondo. Il Consiglio dell'Unione Europea vara intanto un secondo pacchetto di sanzioni che rimbalza però sul muro di gomma della teocrazia iraniana inflessibile, come tantissimi appelli alla clemenza rispediti al mittente dalla magistratura di Teheran. Siamo precisi e veloci durante i processi equi dei nostri casi giudiziari e non badiamo alle chiacchiere e alla volontà altrui. Il corpo senza vita di Majid Reza Rahnavard, 23 anni, il secondo manifestante impiccato, stavolta sulla pubblica piazza di Mashhad, ha riempito di orrore gli iraniani. Non riuscendo a fiaccare la protesta attraverso le torture, gli spari e una repressione brutale che non risparmia neanche i bambini, il regime di Teheran prova a terrorizzare la popolazione con il più macabro degli spettacoli. Rahnavard è morto così, impiccato a una gru, senza che neanche la madre lo sapesse. Alle 7 di mattina qualcuno ha avvisato per telefono la famiglia. Andate al cimitero, sezione 66, per trovare vostro figlio sepolto. Qualche giorno fa era toccato al 23enne Mohsen Shekari, giustiziato di nascosto e l'urlo della madre dice più di tante parole. Altri giovanissimi manifestanti attendono in prigione di morire, 11, forse anche 20. Il sacrificio dei ragazzi in prima fila nelle proteste, cui si sono uniti padri e nonni, rende evidente lo scontro tra una gerontocrazia islamica arroccata nella sua ideologia e una generazione di giovani che ha fame di libertà e di diritti e sembra ormai disposta a tutto anche se non si vedono ancora crepe nel potere della Repubblica Islamica.























