Il vento che soffia sull'Iran da 18 giorni ha qualcosa di inedito e dirompente; migliaia e migliaia di donne, ragazze e ragazzi, persone di diversi ceti sociali, ferventi osservanti dell'islam, tutti infiammano le strade e si oppongono alla feroce repressione del regime. Una protesta trasversale che non tocca solo le donne e il velo; da più di 20 anni si protesta invano nel paese, il copione finisce sempre con migliaia di persone uccise e centinaia di arresti sommari e detenzioni. Stavolta la rivolta prende di mira l'intera architettura istituzionale, normativa della Repubblica Islamica; un sistema di potere sempre più militaresco. Una pre rivoluzione, se vogliamo chiamarla, dove le donne hanno iniziato, le giovanissime e i giovanissimi della generazione Z, quella generazione che non ha mai vissuto ne la Rivoluzione, ne la Guerra Iran-Iraq, che vogliono un paese diverso e un regime democratico e non teocratico quello che è insomma c'è. L'illusione di una riforma generata dalle promesse di alcuni leader della Repubblica Islamica più moderati e progressisti ormai è svanita. Quello che accade oggi in tutto l'Iran non è un conflitto tra società civile e clero sciita, né tantomeno una rivolta contro l'Islam. Produrrà una conseguenza tutto questo, secondo lei? "L'auspicio è che, se tutte le potenze mondiali, insomma soprattutto quelle che hanno degli accordi economici con l'Iran, tra il nucleare, il gas e il petrolio, se in questi paesi, insomma, insieme prendessero dei provvedimenti forse potrebbe appunto esserci un cambiamento." Difficile prevedere come finirà e quale delle due dimensioni dello Stato iraniano, quella teocratica islamica e quella democratica popolare avrà il sopravvento, visto che il delicato bilanciamento ormai sembra essere fallito.