Dilagano ormai da cinque giorni le proteste in Iran per la morte di Masha Amini e la repressione diventa sempre più violenza. Diverse le vittime tra i manifestanti durante gli scontri con la polizia che fa uso di lacrimonegeni e proiettili di gomma. Bloccato dalle autorità l'accesso a Instagram. Da venerdì i manifestanti scendono in piazza, bloccano le strade, bruciano le macchine, occupano le università in 15 città iraniane dopo la morte drammatica di Amini, 22 anni, arrestata a Teheran dagli agenti della polizia morale con l'accusa di non avere indossato correttamente l'hijab. Fermata fuori da una stazione della metropolitana, caricata su una camionetta e portata in commissariato, la ragazza ne era uscita alcune ore dopo priva di conoscenza. Dopo tre giorni di coma era morta per le percosse o gli abusi subiti. Ferma la condanna da parte dell'ONU per la violenza della repressione, mentre il Segretario di Stato USA Blinken ha chiesto a Teheran di mettere fine alla sistematica persecuzione delle donne e consentire le manifestazioni. Ma davanti all'ONU il presidente Raisi accusa l'occidente di avere doppi standard sui diritti, in particolare quelli delle donne. Decine i feriti negli scontri con la polizia e centinaia le persone arrestate. Le donne protestano anche sui social cantando slogan contro la polizia morale, bruciando i loro veli e tagliandosi i capelli. Nella regione del Kurdistan, dove viveva Amini, e dell'Azerbaigian occidentale molti negozi e bazar sono rimasti chiusi in segno di protesta. Alcuni parlamentari hanno criticato duramente la polizia morale, chiedendone la revisione o l'abolizione. Lo stesso Presidente del Parlamento ha chiesto che la condotta di questa unità di polizia, nota anche come pattuglia della morte, sia oggetto di un'inchiesta. Quanto alla Guida Suprema iraniana, l'ayatollah Khamenei comparso nuovamente in pubblico, non una sola parola su Amini o sulle violenze in corso.