L'intervento del Presidente Iraniano, Ebrahim Raisi, è stato lapidario e quanto mai chiaro: "Non avremo nessuna pietà". Il suo anatema contro i dimostranti è già nei fatti. Le storie raccontate da alcune delle persone fermate in questi mesi di proteste in strada raccontano di molestie sessuali e violenze durante la detenzione; dell'uso di mezzi brutali per estorcere confessioni contro se stessi e gli altri. Sono quasi 500 le persone uccise dalle Forze dell'Ordine iraniane da quando a settembre sono cominciate le proteste. Tredici manifestanti sono nel braccio della morte. Dopo la durezza usata nei confronti di sportivi che avevano appoggiato il dissenso al regime, la preoccupazione ora è per la sorte di Sara Khadim, la campionessa di scacchi che dai mondiali in Kazakhstan ha sfidato Ayatollah giocando senza l'hijab, il velo obbligatorio. La violenza usata sinora non ha giustificazioni. Per questo il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, ha convocato l'Ambasciatore Iraniano in Italia. "Ho chiesto formalmente all'Ambasciatore di trasmettere al Governo del suo paese alcune richieste dell'Italia prima fra tutte la sospensione delle condanne a morte, sospensione della repressione violenta delle manifestazioni". "Non è questione di ordine pubblico uccidere ragazzi di 12, 14 o 17 anni" ha detto, poi, Tajani. La sicurezza nazionale non c'entra nulla. Infine l'affondo contro la pena di morte. "Nessuna Autorità può arrogarsi il diritto di togliere la vita anche ad un condannato".























