La strategia di Donald Trump consiste anche nell'istintiva abitudine di adattarsi alle circostanze. Così l'attacco israeliano contro l'Iran, descritto per giorni come un evento nefasto capace di far deragliare i negoziati sul nucleare, diventa adesso nelle parole del Presidente, una dimostrazione di forza perfettamente riuscita, in grado di mettere il regime con le spalle al muro, costringendolo ad accettare la proposta dell'inviato americano Witkoff. Fonti vicine al Presidente affermano che le sue speranze sono sincere, ma è davvero difficile non pensare che le trattative siano quantomeno in stallo. Ho cercato di salvare l'Iran dall'umiliazione e dalla morte, dice Trump e aggiunge che Teheran deve evitare il peggio accettando la proposta americana prima che sia troppo tardi. Gli Stati Uniti sono stati avvertiti dell'attacco israeliano in anticipo e anche in sede ONU definiscono l'iniziativa come un legittimo atto di autodifesa. Washington nega esplicitamente qualsiasi coinvolgimento diretto e in molti si chiedono se Trump abbia dato via libera all'attacco o semplicemente non sia stato in grado di fermarlo. In occasione della risposta iraniana, le forze armate americane avrebbero aiutato gli alleati ad intercettare droni e missili, come già accaduto in passato. Trump ha parlato con il premier israeliano per tre volte in meno di una settimana. Al congresso i repubblicani sono compatti nel sostegno a Israele, ma si dividono tra i falchi che vogliono durezza nei confronti di Teheran e i conservatori più in linea con il tradizionale isolazionismo trumpiano. Il presidente minimizza il rischio di un conflitto regionale e forse non a caso. Gli elettori Maga potrebbero non vedere di buon occhio un coinvolgimento americano in caso di allargamento del conflitto. Oggi è il giorno della grande parata militare, prova d'orgoglio dell'America trumpiana. A Washington, però, l'atmosfera potrebbe essere cupa e non solo per via del maltempo. .