Sono state liberate, anche se su cauzione, ma ora dovranno rispondere di nuove accuse; perché i 17 mesi nel carcere di Evin, a Teheran, non le hanno piegate. E Niloufar Hamedi e Elaheh Mohammadi hanno deciso di uscire da quell'inferno a testa alta e senza velo. Una decisione, una sfida che ha portato le autorità iraniane a decidere di aprire un nuovo caso contro di loro per non aver rispettato la regola numero uno nel paese, quella che obbliga le donne ad indossare l'hijab in pubblico. Sempre. Le due attiviste giornaliste erano state arrestate, imprigionate per aver raccontato e denunciato al mondo la sorte di Masha Amini, la 22enne curdo iraniana arrestata nel settembre del 2022 dalla polizia religiosa a Teheran perché non indossava il velo islamico in modo corretto. La ragazza muore dopo giorni tre giorni di coma per le percosse ricevute. Hamedi aveva dato per prima la notizia della morte di Masha, il 16 settembre 2022 riuscendo a scattare di nascosto una foto al volto livido della ragazza. Mohammadi aveva invece raccontato il funerale di Masha riferendo lo slogan che poi sarebbe diventato il grido di battaglia delle proteste: "Donna, Vita, Libertà". Le due reporter condannate a 12 e a 13 anni di carcere, hanno fatto ricorso contro le loro condanne e resteranno fuori dal carcere finché un tribunale non si sarà espresso. Libertà limitata, dunque, e su cauzione. E non potranno lasciare il paese fino alla prossima data del processo, semmai ce ne sarà uno. C'è stata una pressione internazionale formidabile per queste giornaliste, ha dichiarato sul web la giornalista e attivista Masih Alinejad postando anche una foto in cui le due appaiono accanto a Saraa Khadem, la campionessa iraniana di scacchi che, mentre l'Iran era in tumulto per la morte di Masha Amini, decise di partecipare alle gare internazionali senza velo in solidarietà con le ragazze che stavano manifestando. E ora vive in esilio. Aveva dedicato la sua vittoria proprio alle due reporter iraniane. Una medaglia per i veri eroi, aveva scritto, congratulandosi per la loro liberazione.