In Irlanda stapperebbero una bottiglia per celebrare la vittoria, se non fosse che la vittoria consiste proprio nel cercare di mettere un argine al consumo di alcol nel Paese, un serio problema sociale. Manca solo il via libera del WTO, l'Organizzazione Mondiale per il Commercio, ma la Commissione Europea ha già dato il proprio assenso: tutto l'alcol che circola nell'isola verde in pub, ristoranti e supermercati dovrà d'ora in poi indicare i danni che reca alla salute. Sulla falsa riga di quanto accade già con le sigarette. Secondo studi di recente pubblicazione, il 70% degli uomini e il 34,1% delle donne irlandesi di età superiore a 15 anni sono considerati bevitori a livello pericoloso. Nella stessa fascia di età ci sarebbero oltre 150 mila persone classificate come dipendenti. Una media di 3 individui al giorno morirebbero ammazzati dall'alcol. Per quanto paesi europei come Francia e Austria risultino bere più litri pro capite in un anno, è il tipo di bevanda e di consumo a fare la differenza. Oltre a rappresentare un'importante viatico per la socializzazione, l'alcol costituisce anche una voce significativa dell'economia irlandese. Di fronte alla luce verde data da Bruxelles i produttori italiani di vino sono insorti e il problema non è tanto il mercato irlandese in sé, non particolarmente significativo per l'Italia, quanto l'idea che si faccia di tutta l'erba un fascio, mettendo sullo stesso piano il vino di qualità nostrano con bevande iper processate e quindi più nocive per la salute. Non solo: in Italia esiste una cultura del bere sano, che combina qualità e quantità. Poco, ma tutti i giorni è decisamente più salutare.