Il via libera all'accordo di cessate il fuoco è arrivato. Sarebbe stata raggiunta anche un'intesa sui nomi dei prigionieri palestinesi che dovrebbero essere rilasciati, ma proprio su questo è arrivato il no dell'estrema destra israeliana, contraria al rilascio dei 250 detenuti palestinesi condannati all'ergastolo e che ora, grazie all'accordo, verranno liberati. Ma anche su questo non è detta l'ultima parola, perché le vittime degli attacchi perpetrati dai prigionieri hanno 24 ore di tempo per prestare istanza alla Corte Suprema israeliana e chiedere la sospensione dei rilasci. In ogni caso il Ministro della Sicurezza nazionale Ben-Gvir lo ha detto chiaramente, non intende restare in un Governo che consenta ad Hamas di continuare a governare a Gaza. Dello stesso parere il Ministro delle Finanze israeliano Smotrich. I 2 esponenti della destra messianica sono centrali nell'Esecutivo, ma su questo dossier l'opposizione è pronta a sostenere il Governo. I nodi da sciogliere, insomma, sono ancora molti. Il Governo di Benjamin Netanyahu ha già detto che non rimetterà in libertà Marwan Barghuthi, esponente di Al-Fatah che da oltre 22 anni si trova in un carcere israeliano, e neppure restituirà i corpi dei leader militari di Hamas, Yahya e Mohammed Sinwar. L'accordo prevede anche che tutti gli ostaggi vivi e il maggior numero possibile di ostaggi deceduti vengano restituiti entro 72 ore dalla sua adozione. Per questo, dopo la firma della bozza finale in Egitto, migliaia di persone hanno raggiunto "Piazza degli ostaggi" a Tel Aviv, diventata il quartier generale del movimento che si batte per la liberazione dei prigionieri israeliani. Ma i festeggiamenti sono apparsi piuttosto sotto tono rispetto alle precedenti reazioni pubbliche agli annunci di cessate il fuoco, riflettendo l'insicurezza nel futuro e la paura che la possibilità di riabbracciare i propri cari possa sfumare da un momento all'altro.























