Riprende a Gerusalemme il processo per corruzione a carico del premier israeliano Benyamin Netanyahu. Come tutti gli altri casi ritenuti non urgenti era stato sospeso a causa della guerra a Gaza. Accade mentre crescono gli attacchi ai danni del primo ministro israeliano, se in un primo momento, dopo la strage del gruppo terroristico palestinese Hamas il 7 ottobre, sia l'opinione pubblica sia la politica nazionale avevano fatto scudo con una prova di unità; oggi le voci di dissenso si fanno più intense. Così se leader d'opposizione Yair Lapid, che non ha preso parte al governo di unità nazionale, si è ben guardato per settimane dal chiedere, in un momento di vulnerabilità del Paese, la cacciata del rivale Netanyahu, il 15 novembre ha cambiato tattica esortando il premier a farsi da parte, accusandolo di essere responsabile del fallimento di intelligence che avrebbe permesso la strada di ottobre. D'altronde un sondaggio racconta come il 44% degli israeliani inputi a Netanyahu le colpe dell'accaduto. Il ritorno della routine politica indica che c'è chi inizia a ipotizzare un possibile dopo. L'ex generale Benny Gantz, politico d'opposizione, che ora siete nel gabinetto di guerra, è tornato a criticare il governo su una questione di fondi politici per partiti ultraortodossi e dell'ultradestra. È lui, anche a causa del suo ruolo nel conflitto, il rivale più credibile del premier. Ci sono poi i leader della massiccia protesta di piazza che per mesi prima della guerra ha attraversato Israele. I centinaia di gruppi della società civile che la compongono stanno valutando di tornare alle manifestazioni che avevano sospeso con la guerra. Protestavano contro la riforma della Giustizia promossa dal governo accusando Netanyahu di mirare a limitare i poteri della Corte Suprema.