Era il 17 agosto poco dopo la presa di Kabul quando i talebani nella prima conferenza stampa rassicuravano il paese e la comunità internazionale sul fatto che non ci sarebbero state discriminazioni nei confronti delle donne. Legge islamica e sistema talebano in 9 mesi declinato quasi completamente, così il 24 agosto per motivi di sicurezza viene vietato alle donne di recarsi al lavoro, un divieto che poi sarebbe diventato la normalità. A settembre il sindaco di Kabul dichiara che le donne che lavorano per il comune devono restare a casa. Gli unici impieghi concessi sono quelli che gli uomini non possono svolgere, come per esempio pulire i bagni femminili, poi arriva il divieto di percorrere lunghe distanze senza essere accompagnate da un uomo. E' dicembre e il Ministero per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio stabilisce nuove norme, tra cui questa ma anche l'obbligo per i tassisti di far salire le donne sull'auto solo se velate. A marzo i talebani annunciano che le ragazze non potranno accedere alla scuola secondaria, un'escalation di restrizioni che sta riportando il paese al regime degli anni 90 perché non esistono i talebani moderati. Il 7 maggio è tornato l'obbligo del burqa in tutti i luoghi pubblici comprese le televisioni. Alcune giornaliste hanno deciso di mostrarsi in TV a volto scoperto in segno di protesta, così come molte altre donne continuano a scendere in piazza per i loro diritti. Pangea Onlus ha lanciato una nuova campagna a loro difesa. Lo slogan è "Tutte vorrebbero tornare indietro di vent'anni, le donne afghane no".