Il Parlamento di Kiev, con larga maggioranza mette al bando la chiesa Ortodossa legata al patriarcato di Mosca, vista da anni come intermediario intermediario delle influenze di Putin in Ucraina. Non è un mistero il profondo legame tra il Presidente russo e il Patriarca Kirill che più volte si è espresso a favore dell'espansione territoriale russa. Ora però oltre 8000 Chiese e comunità ortodossa in Ucraina sono fuori legge. Una norma che viola le leggi riconosciute a livello internazionale sulla libertà di culto, dicono dal patriarcato di Mosca che definisce l'atto una persecuzione. Un grido di libertà che si infrange però sulle frontiere del nazionalismo. Infatti, scede in campo nuovamente Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo, che convoca la rappresentanza diplomatica statunitense per denunciare un nuovo sconfinamento di reporter stranieri in territorio russo a Kursk. Questa volta sono americani, entrati nella Regione al seguito delle truppe ucraine e definiti dalla Zakharova corpi privati militari statunitensi. Intanto il fronte russo avanza a est e l'aviazione ucraina risponde con attacchi mirati sulle postazioni russe. Zelensky, in visita in una fabbrica nel centro del Paese, ammette che la situazione è davvero difficile a Pokrovsk e Toretsk due dei principali centri poco distanti da Kramatorsk, l'ultima grande città libera ucraina del Donbass. La fuga dei civili lo conferma. Con piccoli bagagli, qualche sacca di fortuna, gli ucraini con figli partono per primi eseguendo l'ordine delle autorità. 53 mila i residenti interessate dal provvedimento. Sull'altro fronte a Kursk, in territorio russo, gli ucraini consolidano le posizioni, e dopo la distruzione del terzo ponte sul fiume Seim, rivendicano 92 distretti con oltre di 1.200 chilometri quadrati di territorio russo. Una conquista considerata da Zelensky il più “grande investimento” nel processo di liberazione dalla Russia.