La Ritirata russa da Kherson galvanizza gli ucraini e agita e scuote i sostenitori di Putin. La riconquista del capoluogo, di oltre 60 centri meridionali dell'oblast, tornati sotto il controllo di Kiev sulla riva destra del fiume Dnipro, non è la fine della guerra e lo ricorda primo fra tutti il presidente ucraino Zelensky. "A Kherson è iniziata la fase di stabilizzazione messa in sicurezza della città e dei residenti, così è scattato il coprifuoco mentre la battaglia ora, quella più dura, è nel Donbass", dice Zelensky e promette: "Nessuno sarà lasciato indietro, libereremo Donbass e Crimea". E quasi a rispondere alle notizie diffuse dal New York Times secondo cui pezzi dell'amministrazione Biden vorrebbero ora che l'Ucraina volgesse verso la via diplomatica per uscire dalla guerra, arrivano le dichiarazioni del Segretario di Stato americano Antony Blinken al Ministro degli Esteri Kuleba: "Stà solo all'Ucraina decidere i tempi e i contenuti di eventuali negoziati". In altre parole l'America prosegue con il suo sostegno incondizionato a Kiev. Dall'altro lato della riva del fiume Dnipro la ritirata russa ha dolore e disorienta Mosca: "Non abbiamo ancora usato tutto l'arsenale" rilancia l'ex Premier Dimitri Medvedev, insomma, Mosca non ha usato la mano pesante per evitare di colpire il nemico nelle aree popolate. Ma il ritiro da Kherson fa soffrire i russi come se il loro cuore fosse stato strappato si legge in un post, poi rimosso da Alexander Dugin, in cui si tratteggia uno scenario inedito. "Ora chi è al potere, non può più cedere nulla e se lo dovesse fare, sarà chiamato a risponderne. Un post in cui si gettano ombre scure sulla leadership di Putin, intransigente contro il fallimento dell'operazione militare a firma del filosofo e ideologo del sogno della Grande Russia, un post poi rimosso in breve tempo ma non abbastanza da non poter essere notato dalla stampa internazionale che costringe Dugin a una smentita a mezzo stampa. "Nessuno ha voltato le spalle a Putin".























