La scelta degli obiettivi non appare casuale. Anzi, sembra fondamentale per Donald Trump che da neopresidente non mostra alcun dubbio sul fatto che la sua strada sia quella che poco lascia a concetti quali moderazione e riflessione. È il 26 gennaio, dunque, quando Trump firma un decreto anticlandestini, poco prima, quindi, del Muslim ban, che la magistratura americana continua a bocciargli. Probabilmente, è proprio lo stop al suo controverso ordine esecutivo, che vieta l’ingresso negli Stati Uniti alle persone originarie da 7 Nazioni islamiche, ad aver innescato una sorta di ritorsione del Tycoon miliardario contro, soprattutto, gli immigrati ispanici. In questo caso, secondo quanto denunciato dai media americani, c’è una stretta senza precedenti sui clandestini in almeno 6 Stati dell’Unione. Gli agenti federali dell’immigrazione nell’ultima settimana hanno, infatti, eseguito un numero record di arresti. Centinaia di immigrati irregolari sono stati prelevati nelle loro abitazioni ad Atlanta, Chicago, New York, Los Angeles, tutte città in gran parte governate da sindaci democratici contro cui Trump ha più volte puntato il dito, accusandoli di proteggere rifugiati e migrati che considera potenziali terroristi o criminali. Minacciando il taglio dei fondi federali, Trump ha promesso di rispedire a casa, attraverso i rimpatri forzati, almeno 3 milioni di clandestini e per raggiungere questo risultato ha dato ordine al dipartimento per la sicurezza nazionale di ampliare la platea delle persone da perseguire, comprese quelle incensurate. Una mossa che rischia, però, di essere incendiaria, alimentando una tensione già alta, che potrebbe sfociare in aperte proteste.