L'accordo accettato dal movimento terroristico palestinese Hamas non soddisfa le condizioni richieste da Israele. Così il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Il documento che a sorpresa lunedì sera il gruppo palestinese ha detto di accogliere sarebbe stato modificato dal mediatore egiziano in contatto con gli Stati Uniti. Se da una parte il premier solleva scetticismo dall'altra una delegazione israeliana è comunque arrivata al Cairo, il luogo delle trattative, dove si trovano anche funzionari di Hamas e per questo la Casa Bianca ha detto di sperare che un'intesa sia possibile e vicina. La diplomazia per ora non ferma la realtà sul campo. I tank israeliani sono entrati nel Sud di Gaza, l'esercito dopo aver ordinato ai civili palestinesi di evacuare la parte orientale della cittadina di Rafah controlla il valico di frontiera con l'Egitto, uno dei principali accessi per gli aiuti umanitari. Da qui, sostengono i militari israeliani, Hamas avrebbe sparato colpi di mortaio che due giorni fa hanno ucciso quattro soldati nell'area di un altro valico di frontiera tra Gaza e Israele però, Kerem Shalom. Per questo il transito di veicoli umanitari da lì è stato interrotto da Israele. La chiusura dei valichi preoccupa la comunità internazionale perché nel sud della striscia vivono oltre un milione di palestinesi, la maggior parte di loro sfollati nei mesi passati dalle zone a nord e nel centro a causa dei combattimenti, e la situazione umanitaria nell'area è ogni giorno più critica. Le Nazioni Unite avvertono che con i confini serrati Gaza potrebbe rimanere nel giro di poche ore senza carburante e che un assalto al sud rischia di essere una calamità. Sia l'Europa e sia gli Stati Uniti in queste ore fanno pressione affinché Hamas e Israele trovino al più presto un'intesa. Ma il maggiore ostacolo a un accordo resterebbe per Israele la richiesta di Hamas, in cambio della liberazione immediata di 33 dei circa 130 ostaggi ancora a Gaza, di un completo ritiro delle forze israeliane dalla striscia e di un cessate il fuoco immediato. Questa richiesta per Israele, per il governo di Benjamin Netanyahu, finora è stata inaccettabile.























