È come se il Libano fosse diviso in due da una linea invisibile. Quella che vede da una parte la popolazione del sud del paese, costretta all'esodo dai bombardamenti israeliani verso rifugi e un'ipotetica protezione, con lunghe file di auto che si inseguono in direzione del nord. E poi c'è Beirut, dove le persone appaiono sospese in un limbo. "Stiamo monitorando attentamente la situazione e se Dio vuole la nostra decisione è chiara. Non fermeremo questa guerra fino a quando non finirà l'invasione della Palestina". Samer è una guida turistica e non sembra aver dubbi sui combattimenti futuri. "Israele risponde solo con la forza. E se non fosse stato per la guerra in Libano del 2006 e la resistenza di Hezbollah, Israele non si sarebbe ritirata". Difficile invece immaginare il futuro per chi i bombardamenti li sta vivendo sulla propria pelle. "All'inizio non volevo partire, ma le esplosioni si stavano avvicinando. I bambini urlavano dalla paura, abbiamo raccolto rapidamente il possibile e siamo fuggiti", spiega questa donna, Om Hussein da un rifugio. Anche Ahmad Kalì è in fuga: "Ricordo che ero al lavoro quando un missile è esploso a soli 50 metri da casa mia. I missili cadevano come pioggia è stata la prima volta che ho preso una decisione così grande, quella di iniziare un viaggio così lungo e forse senza ritorno".