Il paese dei cedri continua a vivere giorni di forte tensione. La richiesta pressante di un ricambio nella classe politica che superi i criteri confessionali non smette di portare in piazza migliaia di libanesi, che non sembrano affatto disposti a fare un passo indietro. Anche la notte trascorsa è stata segnata da pesanti scontri tra polizia e manifestanti. Decine i feriti, molti dei quali medicati direttamente sul posto. Alcuni hanno richiesto il ricovero in ospedale. Regna l'incertezza politica. La Presidenza della Repubblica ha deciso di posticipare l'avvio delle consultazioni attese da fine ottobre, dopo che il premier dimissionario, Saad Hariri, indicato come il favorito per ricevere nuovamente l'incarico, ha chiesto al Capo di Stato Michel Aoun di avere più giorni per concludere i negoziati informali per la formazione del nuovo Governo. La piazza aveva chiesto la proposizione di nomi nuovi e indipendenti, capaci di superare il criterio di divisione tra musulmani, sunniti, sciiti e cristiani. Dopo settimane di litigi i partiti non sono però stati in grado di mettersi d'accordo. I manifestanti ripetono che non accetteranno Hariri come Primo Ministro. La miccia che aveva fatto esplodere ad ottobre la protesta era stato il tentativo di introduzione di una tassa su WhatsApp, ma come per diverse altre parti nel mondo l'episodio aveva rappresentato solo un pretesto di un malessere molto più profondo, legato alla cattiva gestione dell'economia e alla corruzione diffusa.