Bassa intensità nei combattimenti ed alta intensità diplomatica internazionale. Al momento il conflitto civile in Libia può riassumersi tra un attacco ordinato dall'uomo forte della Cirenaica, che ha deciso di imporre il suo dominio anche su Tripoli e lo stallo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dove sembra essere ancora lontana una risoluzione per il “cessate il fuoco”. Sul campo, dunque, le milizie di Khalifa Haftar hanno bombardato le zone di Khallet e Al-Furjan e Ain Zara, punta avanzata della sua offensiva. Dopo la conquista di Azizia, sul fronte meridionale, da parte dei militari fedeli, invece, a Fayez Al-Sarraj, a capo del Governo di concordia nazionale sostenuto, almeno in via teorica, dall'ONU. Perché il Palazzo di Vetro sembra essere ostaggio di Stati Uniti e Russia che vogliono equidistanza tra le due fazioni e non appoggiano la richiesta britannica per una tregua con Sarraj. Denuncia, inoltre, apertamente Parigi di sostenere il criminale Haftar ed il Ministro dell'Interno libico, che chiede addirittura di mettere fine a tutte le attività bilaterali e agli accordi con la Francia, anche in materia di sicurezza. Accusa completamente infondata, risponde Parigi. Sarraj denuncia, inoltre, come la divisione della comunità internazionale su questa crisi potrebbe portare al ripetersi di quanto accadde nel 2011, quando alla caduta del regime di Muammar Gheddafi si accese l’instabilità e paventa anche l'ipotesi di un ritorno dello Stato islamico nel Paese. Mentre proprio le Nazioni Unite correggono al rialzo il bilancio degli sfollati a Tripoli e dintorni dall'inizio degli scontri. 27.000 con forti preoccupazioni delle organizzazioni umanitarie per le decine di migliaia di migranti chiusi nei centri di detenzione libici, in prossimità delle ostilità. A fare le spese della guerra sono proprio i più vulnerabili. L'Unicef parla di 500.000 minori a rischio nel conflitto, ed il bilancio delle vittime complessivo supera ormai i 200 morti e sfiora i 1.000 feriti.