Usciamo dalla tempesta. Con queste tre parole, Liz Truss si insediava il 7 settembre a Downing Street. Il giorno prima aveva ricevuto l'incarico dalla Regina Elisabetta nel Castello di Balmoral in Scozia, diventando la terza donna premier nella storia britannica. Per uscire dalla tempesta, l'ex Ministra degli Esteri annunciava un piano stimato intorno ai 100 miliardi di sterline, obiettivo principale contrastare il caro bollette. E mentre i guru dell'economia britannica predicavano massima prudenza, ecco la premier sfoderare una riforma fiscale con abolizione dello scaglione del 45% per i redditi sopra le 150 mila sterline annue, contenuta in un pacchetto di tagli che ammontava complessivamente a 45 miliardi di sterline. Nei numeri, il più grosso taglio fiscale degli ultimi 50 anni nel Regno Unito, ma con un esplosivo bug al suo interno: l'assenza quasi completa di copertura finanziaria di queste misure, di fatto finanziate in deficit. Scelta pericolosissima, punita a tempo di record dai mercati: sterlina a picco e deflagrazione dei Titoli di Stato. Quanto di peggio potesse accadere a un Paese già strozzato da un'inflazione record, una recessione incombente, dalla crisi energetica scatenata dalla guerra in Ucraina, dagli effetti del dopo Covid e del dopo Brexit. Il 27 settembre si fa sentire il Fondo Monetario Internazionale, che avverte Londra sui rischi della riforma. Il 30 settembre il doppio schiaffo di Moody's e Standard & Poor's che all'unisono dichiarano che tagli di tasse non finanziati sono un rischio per la solvibilità del Paese. Le onde crescono, sono sempre più potenti e rischiano di diventare uno tsunami per i fondi pensione britannici. C'è aria di crac. Truss è nella bufera, il suo dietrofront è netto. Non aveva alcuna possibilità di passare alla Camera dei Comuni vista la contrarietà di molti parlamentari, anche conservatori. Il 3 ottobre l'annuncio del ritiro della riforma, contestualmente al taglio del fedelissimo Kwasi Kwarteng. Al suo posto, Jeremy Hunt, già pluri-ministro Tory. La stampa parla di umiliante marcia indietro della premier. All'interno dei conservatori cresce giorno dopo giorno la spinta alle dimissioni e l'opposizione affila i denti da squalo. Il titolo dell'Economist è un De Profundis: Truss diventa The Iceberg Lady. Iceberg nel senso dell'insalata, facilmente deperibile. L'addio è questione di ore. Il 18 ottobre eccola in TV: mi scuso per gli errori commessi, ma vado avanti. È andata avanti due giorni, trascinandosi sul viale del tramonto.