4 mesi di guerra e ancora non c'è una soluzione per sbloccare più di 20 milioni di tonnellate bloccati nel paese. Non c'è riuscita la diplomazia, non ci sono riusciti gli appelli. L'invasione russa dell'Ucraina non solo ha investito le regioni più fertili di un paese che era il quinto esportatore di frumento al mondo e il principale fornitore del World Food Programme, di cui copriva il 40% del fabbisogno di grano, ma ne ha anche di bloccato i porti. Da Mosca nessun mea culpa al contrario. Il Cremlino incolpa l'Occidente ma le sanzioni europee non hanno colpito i prodotti agricoli ne i fertilizzanti. Mosca pone come condizione per la ripresa dei commerci lo sminamento dei porti del Mar Nero, come Odessa, da cui passava la quasi totalità delle esportazioni. Quelle mine però sono per Kiev l'assicurazione contro l'invasione. Via terra i binari non compatibili con il sistema europeo rallentano i corridoi ferroviari e per costruire i silos proposti dagli Stati Uniti potrebbero volerci mesi. Nel frattempo, secondo il Governo ucraino, le truppe russe avrebbero sottratto almeno 500 mila tonnellate di grano nei territori occupati. Lo stallo fa temere una carestia come l'Holodomor degli anni trenta ma globale. Mentre giganti come l'India virano sul protezionismo per molti paesi del nord Africa e del Medio Oriente, che dipendevano dall'Ucraina, sarà complicato trovare alternative, anche perché i prezzi del cibo raddoppiano. Secondo il World Food Programme 275 milioni di persone sono ormai a un passo dalla denutrizione acuta. Saranno le nazioni più povere ad avvertire di più la prima onda d'urto del conflitto, ma nessun paese si può considerare immune.























