Le squadre di salvataggio hanno fatto di tutto per pompare le 3000 tonnellate di petrolio rimaste nella nave. Ma l'incubo di un disastro ambientale si sta inesorabilmente materializzando davanti alle coste di Mauricius. 1000 tonnellate sono finite in mare. Un disastro, le cui conseguenze sono incalcolabili. Per il Paese che dipende pesantemente al turismo si tratta di un disastro non solo ambientale ma anche economico. La petroliera giapponese MV Wakashio si era incagliata il 25 luglio e alla fine si è spezzata in due. La popolazione è intervenuta con mezzi di fortuna per evitare un'ulteriore fuoriuscita di greggio dall'imbarcazione che trasportava un carico di 4000 tonnellate di petrolio, parte del quale si è appunto riversata in mare, minacciando la barriera corallina e la vitale industria turistica del piccolo Stato dell'Oceano Indiano Sud occidentale. I cittadini hanno costruito delle barriere con tessuti, foglie di canna da zucchero e bottiglie di plastica vuote. Già la scorsa settimana era stata dichiarata l'emergenza ambientale. Ora la situazione è peggiorata ancora. Sono migliaia le specie vegetali e animali a rischio nelle lagune, e i fiumi tossici hanno costretto a chiudere di nuovo le scuole a due mesi dalla riapertura, seguita all'allentamento delle misure contro il coronavirus. Il Governo in Mauritius, accusato da più parti di aver fatto troppo poco nell'immediatezza del naufragio, ha spiegato che 90 tonnellate di carburante restano ancora nella nave. Le autorità hanno annunciato che chiederanno i danni all'armatore e all'assicuratore della nave. La giapponese Nakashiki shipping, proprietaria della nave, si è detta disponibile a pagare eventuali danni.