Una visita come tante. No, una inaccettabile provocazione. Tra Stati Uniti e Cina la differenza di vedute è evidente. La presidente di Taiwan ha incontrato lo speaker della Camera, terza carica degli Stati Uniti; è la terza volta in poco più di 40 anni. Evento eccezionale, dunque, ma che avviene pochi mesi dopo la visita a Taiwan dell'allora speaker Nancy Pelosi. Due episodi troppo ravvicinati per non suscitare il sospetto che sia stata appena instaurata una prassi. Certo, l'America non è Taiwan e Los Angeles non è la capitale Washington, ma le scelte logistiche fatte nel tentativo di smorzare la portata dell'evento non convincono Pechino che infatti ha subito inviato la portaerei Shandong nel Pacifico occidentale. Onoreremo le nostre promesse, ha detto il Repubblicano MCarthy dopo l'incontro, mentre Tsai ribadiva l'impegno al rispetto dello status quo sottolineando però che, per ottenere la pace, bisogna essere forti. Una patata bollente per Antony Blinken proprio mentre gli Stati Uniti tentano con difficoltà di riallacciare, per quanto possibile, un rapporto con Pechino, proprio mentre l'Unione Europea, questo rapporto in un modo o nell'altro sembra sul punto di avviarlo. Ecco perché il commento del Segretario di Stato alla reazione cinese suona quasi come una difesa più che come un attacco. Se con Mosca usa i guantoni, con la Cina, Washington è costretta al fioretto. Troppo alto il rischio di un involontario ma fatale incidente. La strada che porta a Pechino è stretta e pericolosa come il filo di un rasoio.