8:30 ora locale di domenica 19 gennaio. A quest'ora dovrebbe iniziare la prima fase di tre del cessate il fuoco a Gaza. Il condizionale è d'obbligo perché Hamas non ha ancora pubblicato i nomi delle tre donne ostaggio da liberare nel primo giorno di tregua in cambio di 95 detenuti palestinesi. E per il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu se l'elenco dei tre ostaggi non dovesse arrivare il piano potrebbe saltare. Eppure, in un discorso televisivo alla nazione, il leader del Likud ha cercato di rassicurare il suo paese promettendo che 33 dei 98 ostaggi ancora nelle mani di Hamas torneranno a casa durante le prossime sei settimane, ovvero durante la prima fase della tregua, in cambio della scarcerazione di 1890 prigionieri palestinesi. A rischio per ora ci sarebbero anche la seconda e la terza fase, poichè solamente dal sedicesimo giorno Israele e Hamas inizieranno a trattare per un cessate il fuoco duraturo e il futuro di Gaza. Mentre tutto sembra essere ancora in bilico, lo stato ebraico ha consegnato avvisi personali alle famiglie delle vittime di attentati per informarle che terroristi coinvolti nell'omicidio dei loro cari dovrebbero essere rilasciati come parte dell'accordo approvato dal Governo. Intanto ad alzare ulteriormente la tensione c'è Jihad islamico, gruppo terroristico palestinese, che ha minacciato di uccidere gli ostaggi nelle sue mani se Israele non fermerà gli attacchi prima dell'entrata in vigore del cessate il fuoco.