La guerra totale va evitata, e il Presidente degli Stati Uniti lo dirà chiaro e tondo al primo ministro israeliano, con cui non parla ad agosto. A Washington sono convinti che un conflitto diretto con Hezbollah o peggio con l'Iran, non sia nell'interesse della sicurezza di Israele, e vogliono far pesare l'impegno preso a garantirla a un alleato che, finora, è stato recalcitrante ad ascoltare ogni appello alla moderazione. L'appoggio dato dalla Casa Bianca al raid che ha ucciso il leader del movimento terrorista sciita a Beirut va letto così e non come un via libera, e gli uomini del Presidente si aspettano che gli israeliani ascoltino adesso i suggerimenti su quelli che chiamano, i prossimi passi giusti da fare in Libano. Biden spera ancora in un'azione diplomatica che porti a un cessate il fuoco, ma intanto si prepara al peggio. Ha ordinato al Segretario alla Difesa di mettere in stato di massima allerta il gruppo navale della portaerei di stanza nel Golfo Persico e le basi militari in Europa, da dove altri uomini potrebbero essere rapidamente dispiegati il Medio Oriente se la situazione deteriorasse. Il timore è che l'Iran, o i suoi alleati, rispondano ai raid israeliani colpendo proprio gli Stati Uniti perché, come dicono senza giri di parole a Teheran, l'America è complice. I leader del paese degli Ayatollah hanno promesso che i combattenti libanesi non saranno lasciati soli perché Israele sta attaccando i vicini uno dopo l'altro. Come se non bastassero i nemici esterni, l'amministrazione deve fare i conti con un'opposizione repubblicana agguerrita per le imminenti elezioni di novembre, e che la invita, dice lo Speaker della Camera Johnson, a porre fine a controproducenti richieste di cessate il fuoco e a continue pressioni diplomatiche su Israele.