No categorico di Hamas che, secondo un alto funzionario egiziano, ha rifiutato la proposta avanzata da Israele e mediata dall'Egitto e dal Qatar, per un cessate il fuoco di due mesi in cambio del rilascio degli ostaggi israeliani, la liberazione di un numero non specificato di detenuti palestinesi dalle carceri di Israele e l'autorizzazione per il leader di Hamas a Gaza di trasferirsi in altri paesi. Il gruppo islamista palestinese avverte che la condizione principale per un accordo è un cessate-il-fuoco totale, non temporaneo, oltre al ritiro delle forze di difesa israeliane dalla Striscia, un lembo di terra dove l'esercito con la stella di David ha completato l'assedio a Khan Yunis, una delle roccaforti militari di Hamas nel sud dell'enclave palestinese dove, secondo l'ADF, si nasconderebbe Yehya al-Sinwar, il numero uno del Movimento. Sono già stati uccisi dozzine di terroristi e distrutti diversi tunnel. Israele esorta i residenti di sei rioni ad ovest di Khan Yunis, di evacuare verso l'area umanitaria di Moassi vicino al mare e mettersi in sicurezza; ma il prezzo da pagare per una guerra che non accenna a fermarsi colpisce anche civili. Almeno sei sfollati sono stati uccisi in un rifugio gestito dalle Nazioni Unite colpito nel corso dei combattimenti; mentre lo stato ebraico seppellisce 21 soldati che hanno perso la vita in seguito al crollo di due edifici colpiti da Hamas, il più alto numero di vittime all'interno dell'esercito dall'inizio del conflitto, il premier israeliano Benjamin Netanyahu nonostante le pressioni internazionali e le fratture politiche interne, mantiene la linea dura ribadendo ancora una volta che la guerra all'interno della Striscia di Gaza andrà avanti fino alla vittoria totale, ovvero, fino a quando non verranno raggiunti tre obiettivi: la distruzione di Hamas, la liberazione degli ostaggi e far sì che l'enclave palestinese non rappresenti più una minaccia per lo stato ebraico.