Al termine di un'altra giornata tesa dal punto di vista diplomatico, sembrerebbero aprirsi degli spiragli. La conferma arriva da Hamas, che dichiara di rilasciare parte degli ostaggi israeliani, come da accordi, senza alcun ritardo. La notizia era nell'aria dopo che dall'Egitto, dove è volata una delegazione di Hamas, erano arrivati segnali di apertura. Lo Stato ebraico, infatti, dicono da Il Cairo, si sarebbe impegnato a fornire maggiori aiuti umanitari in cambio del rilascio del sesto gruppo di ostaggi sabato 15 febbraio. Segnali distensivi che arrivano dopo l'ennesimo ultimatum di Israele. "Se Hamas ferma il rilascio degli ostaggi, allora non c'è accordo e ci sarà la guerra", ha detto Israel Catz in una visita al centro di comando dell'IDF. Una guerra diversa nell'intensità, specifica il ministro della Difesa israeliano, che potrebbe facilitare il piano del presidente americano Donald Trump, che ha parlato di Medio Oriente anche con il presidente russo Vladimir Putin, sulla Striscia di Gaza. Un piano, quello che vede l'enclave palestinese diventare la riviera del Medio Oriente, spostando in Egitto, in Giordania e in altri Paesi arabi oltre 2 milioni di palestinesi, più volte respinto da gran parte della comunità internazionale, inaccettabile per la Lega Araba, e che vede estremamente contrari sia il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, che il re di Giordania Abd Allah II. Entrambi d'accordo sul fatto che Gaza vada ricostruita senza lo sfollamento dei suoi abitanti. Oltretutto, Il Cairo, starebbe lavorando ad un piano di ricostruzione alternativo a quello di Trump, senza sfollare i palestinesi, con Al-sisi deciso a non recarsi a Washington per i colloqui in programma alla Casa Bianca, se L'agenda includerà il piano di Trump su Gaza. Intanto, Israele chiede di prorogare ulteriormente la tregua con Hezbollah, per avere più tempo per lasciare il Sud del Libano. .