Lo stato ebraico stringe la morsa su Rafah. Secondo l'amministrazione americana di Joe Biden Israele starebbe ammassando abbastanza truppe ai margini della città e potrebbe dare il via nei prossimi giorni ad un'offensiva su vasta scala nella parte più a sud della striscia di Gaza. La Casa Bianca per ora non ha la certezza che il governo dello stato ebraico abbia deciso di muoversi in questa direzione. Quello che è certo però è che l'esercito con la Stella di David nelle ultime ore sta spingendo ulteriormente con tank e truppe nelle zone abitative della parte orientale di Rafah, spostandosi anche verso il centro della città. A preoccupare Washington è la sorte di circa un milione di persone stipate in poco più di 60 km quadrati che in questo momento non saprebbero dove andare. Nell'ultima settimana, secondo le Nazioni Unite, 450mila palestinesi hanno lasciato il sud per spostarsi verso la zona umanitaria di al Mawasi, lungo la costa della striscia di Gaza, una zona, a detta dell'IDF, sicura e protetta. Anche per le organizzazione umanitarie è un vero e proprio campo profughi a cielo aperto dove le condizioni igienico-sanitarie sono disastrose. A nulla sono serviti gli appelli della comunità internazionale per frenare il premier israeliano Benjamin Netanyahu. D'altronde, si sa, per il leader del Likud entrare a Rafah vorrebbe dire sradicare Hamas e dunque raggiungere così la vittoria totale. Ma nel mirino di Zahal, l'esercito israeliano, anche il campo profughi di Nuseirat, nel centro dell'enclave, dove decine di civili hanno perso la vita in due raid. Bombardato anche un commando di Hamas all'interno di una scuola gestita dal Unrwa, l'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi. Una quindicina i terroristi uccisi.
