Benjamin Netanyahu è stato chiaro: se Hamas non libererà gli ostaggi israeliani entro sabato a mezzogiorno, lo Stato ebraico romperà la tregua e riprenderà i combattimenti a Gaza contro i miliziani palestinesi fino alla vittoria totale. Un ultimatum, quello del primo ministro israeliano, che arriva solo ventiquattro ore dopo l'annuncio di Abu Obeida, il portavoce del braccio armato di Hamas, di rinviare il prossimo scambio ostaggi-detenuti, il sesto dall'inizio della tregua previsto dagli accordi il 15 febbraio, fino a quando Israele non rispetterà gli accordi di cessate il fuoco. Una posizione, quella dell'organizzazione, ribadita anche nelle ultime ore. Il ritardo del rilascio degli ostaggi mette a rischio il patto mediato dagli americani, egiziani e dai leader del Qatar, non aiutano neanche le dichiarazioni del presidente americano Donald Trump, che torna a minacciare di scatenare l'inferno a Gaza nel caso in cui lo scambio non dovesse avvenire nella giornata di sabato. Il Segretario generale dell'Onu Antonio Guterres prova a calmare gli animi invitando sia Hamas che Israele a rispettare gli impegni presi, riprendere i colloqui per negoziare seriamente le fasi successive della tregua e soprattutto evitare la ripresa delle ostilità a Gaza. Intanto, mentre Netanyahu ordina all'Esercito di rafforzare le truppe dentro e intorno all'enclave palestinese, i familiari degli ostaggi continuano a riempire le principali piazze di Tel Aviv e Gerusalemme, accompagnati da migliaia di persone, implorando Netanyahu di andare avanti con le trattative, anche se sanno, come molti analisti dicono, che assieme agli alleati messianici preferirebbe riprendere il conflitto per arrivare alla vittoria totale propagandata. .