Al premier israeliano Benjamin Netanyahu interessa la vittoria totale. Che tradotto significa che le operazioni militari all'interno della striscia di Gaza continueranno fino a quando non verranno raggiunti tutti gli obbiettivi: eliminare Hamas, liberare gli ostaggi e far si che Gaza non rappresenti più una minaccia per lo stato ebraico. "Nessuno", avverte il leader del Likud, "ci fermerà. Né l'Aia né l'asse del male". Insomma, la direzione è chiara, così come è evidente che i combattimenti all'interno dell'enclave palestinese continuano senza sosta. L'esercito con la stella di David ha colpito una casa nel quartiere di Daraj, a Gaza City, nel nord, uccidendo decine di persone. Un altro raid, nel sud, ha portato morte e distruzione vicino al campo profughi di Nuseirat. Dall'inizio del conflitto secondo il Ministero della Sanità della striscia, affiliato ad Hamas, un palestinese su 20 è morto, ferito o disperso. Intanto Israele starebbe valutando la possibilità di lanciare un operazione militare per prendere il controllo del corridoio Philadelphia, una fascia di terra tra Gaza ed Egitto, con la volontà di impedire ad Hamas di contrabbandare armi nella striscia di Gaza, secondo indiscrezioni del Wall Street Journal. Un'operazione che, se resa possibile, includerebbe la rimozione dei funzionari palestinesi da i valichi di frontiera centrali e lo stazionamento delle forze israeliane lungo il confine egiziano. Ma tra proclami e piani futuri in Israele sono scesi in piazza a centinaia di persone per protestare contro la leadership di Tel Aviv. I familiari degli ostaggi chiedono a gran voce la liberazione dei loro cari, che da 100 giorni sono ancora nelle mani di Hamas e di altre fazioni palestinesi all'interno della striscia di Gaza. Ora, dicono, prima che sia troppo tardi. Eppure, per Benjamin Netanyahu, la pressione militare è l'unico modo per riportarli a casa. Una pressione che però crea tensioni in tutta la regione. Un nuovo attacco aereo ha colpito una base navale degli Houthi nel porto di Hodeidah, in Yemen, dopo che Stati Uniti e il Regno Unito nei giorni scorsi avevano colpito postazioni strategiche dei ribelli sciiti filo-iraniani con il chiaro intento di fermare i miliziani dall'attaccare le navi commerciali che transitano nel Mar Rosso. Il rischio escalation è sempre più reale.