È in grado di parlare e respira senza l'aiuto del ventilatore. Migliorano le condizioni di Salman Rushdie, ricoverato dopo essere stato accoltellato venerdì mattina, mentre stava per cominciare un intervento su scrittori e artisti esiliati negli Stati Uniti. Ieri intanto, il suo assalitore Hadi Matar, è stato incriminato per tentato omicidio di secondo grado e aggressione, e resta in custodia cautelare senza possibilità di cauzione. In tribunale, si è dichiarato non colpevole. Prossima udienza il 19 agosto. Secondo il Procuratore della Contea di Chautauqua si è trattato di un attacco sicuramente premeditato, perché l'uomo è arrivato almeno un giorno prima in città, con in mano il biglietto per l'evento. Al microscopio in queste ore, la sua vita: 24 anni, residente a Fairview in New Jersey, Hadi Matar è nato in California ed è di origini libanesi. Chi lo conosce, lo dipinge come molto religioso, osservante. E dai sui profili social, emerge l'appoggio a figure di spicco della Repubblica Islamica dell'Iran, il supporto ai pasdaran, i guardiani della rivoluzione khomeinista e al generale Soleimani, ucciso a Baghdad da un drone americano, due anni fa. Per l'FBI è fondamentale capire se Matar abbia agito di sua iniziativa o se invece, sia stato come si dice, attivato. Certo è che aveva con sé una falsa patente americana, intestata ad Hassan Mughniyah, lo stesso cognome del numero due di Hezbollah, ucciso nel 2008 in Siria. Potrebbe essere una coincidenza oppure no. Nel suo cellulare si cercano tracce, una qualunque, un filo da seguire, un'amicizia, un viaggio, un incontro per comprendere le motivazioni dell'uomo che ha reso realtà, la fatwa emessa oltre 30 anni fa dall'imam Khomeyni.























