Suleiman ha 21 anni, viene dal Marocco ed è a Ceuta da pochi giorni. Non parla bene spagnolo ed è arrivato con le migliaia di persone entrate in città ad inizio settimana. Vive nel bosco, in una sistemazione improvvisata. Non è l'unico, basta addentrarsi un po' e si trovano decine e decine di queste sistemazioni e persone che vivono in condizioni estreme. Arrivano dall'Algeria, dal Marocco, la maggior parte dall'Africa sub- sahariana. Qualcuno è qui da mesi, altri da pochi giorni. Dai boschi alla spiaggia, dove dormono centinaia di minori, alla scogliera dove, soprattutto i più giovani, tentano di raggiungere le navi che partono per la Spagna. A portare aiuti, tra gli altri, sono le ONG e i volontari. Intanto 250 minori non accompagnati sono stati sistemati nel centro di Santa Amelia, sono 1.500 in tutto, la maggior parte resta il terral dove arrivano parenti e amici residenti a Ceuta per dare una risposta a chi, dall'altra parte della frontiera, attende di conoscere la sorte dei propri figli. Non ne hanno notizia da quando, in massa, sono scappati da scuola per entrare a Ceuta. Una ritorsione, dice la Spagna, per l'accoglienza e le cure concesse da Madrid al leader del Fronte Polisario, Brahim Ghali, malato di Covid. 6.000 i rimpatri effettuati fino ad ora, qualcuno è tornato indietro quando ha capito che non sarebbe arrivato in Europa, come gli era stato promesso, altri restano per tentare.