Un processo iniquo e accuse così vaghe da essere arbitrarie. La storia è quella di Intisar al-Hammadi, modella e attrice yemenita ventenne, che dal febbraio di quest'anno è rinchiusa nel carcere di Sana'a, per atti indecenti, possesso di droghe e violazione delle norme islamiche. Accuse smentite dalla sua difesa, per la quale la vera ragione è un'altra. Quegli scatti pubblicati sui suoi profili social, con e senza velo, truccata e all'occidente, sono sembrati un vero e proprio oltraggio ai ribelli Houthi, che da sei anni controllano gran parte del Nord dello Yemen. Ma facciamo un passo indietro. É il 20 febbraio quando le forze sostenute dall'Iran fermano la macchina su cui viaggia Intisar, insieme ad altre tre persone. Una delle quali è accusato di spaccio di droga. Vengono tutti arrestati e la modella è portata via, bendata. La famiglia la cerca senza avere risposte dell'autorità. A marzo è trasferita nella prigione centrale della capitale. il 6 giugno si apre il processo, ritenuto pieno di irregolarità e di abusi. E il 28 dello stesso mese, dopo essere stata trasferita nella sezione riservata alle prostitute, tenta di togliersi la vita. Salvata dal figlio di una detenuta che lancia l'allarme. A difenderla, l'avvocato al-Kamal, per questo minacciato e sospeso dal suo ruolo, nel tribunale occidentale di Sana'a, che non ha mai avuto accesso ai documenti. "Il processo iniquo, oltre all'arresto arbitrario e gli abusi contro di lei in detenzione, sono un duro promemoria di quanto le donne subiscono per mano delle autorità, in tutto lo Yemen", è il commento del vicedirettore per il Medio Oriente Human Rights Watch Michael Page. "Sono una donna, non m'inginocchio. Anche se cade uno dei miei orecchini, mi tolgo la...davanti" scriveva Intisar, in un post a marzo 2019. Alle sue parole, il movimento conservatore risponde con il silenzio.