È morta sul fronte, per la Russia. È con queste parole che Aleksandr Dugin ha onorato la figlia Daria, uccisa sabato nell'esplosione dell'automobile su cui viaggiava, nel corso della camera ardente allestita a Mosca. Alla cerimonia, alla quale hanno partecipato centinaia di persone, sono intervenuti e hanno parlato anche leader parlamentari e politici ricordando la 29enne come una martire la cui morte dovrebbe ispirare i combattenti in Ucraina. La retorica bellica è la cornice rivendicata, mentre Kiev attraverso il Segretario del Consiglio di Sicurezza, Alexei Danilov, smentisce ogni coinvolgimento dell'intelligence ucraina nell'omicidio, definito un esecuzione perpetrata dagli stessi servizi segreti russi che da parte loro avevano identificato in una ucraina di 43 anni la presunta autrice dell'attentato. Risponde anche l'Estonia paese dove, sempre secondo la ricostruzione dei servizi russi, sarebbe fuggita la donna. Il Ministero degli Esteri locale parla di provocazione da parte di Mosca, di una mossa per fare pressione contro uno dei governi europei più saldamente anti russi. E rispondono i soldati di Azov, controverso battaglione incorporato nell' esercito ucraino con posizioni dichiaratamente di estrema destra e di cui, sempre secondo i servizi russi, la presunta esecutrice dell'attacco farebbe parte.























