America, il mondo intero ti guarda. E' in questo slogan che sta attraversando le piazze simbolo di mezzo mondo che è racchiuso tutto il senso di quel che fuori dai confini d'America sta accadendo, non si può più far finta di niente, ne girarsi dall'altra parte, tacere un crimine equivale a collaborare al crimine stesso. Dalle sedi delle ambasciate americane sparse nel mondo, passa l'indignazione collettiva per la morte di George Floyd che si traduce in un chiaro messaggio all'America, il silenzio equivale alla violenza, in nome di George Floyd, le sue ultime parole "I can't Breath" pronunciate prima di soffocare vengono scandite da una comunità globale di migliaia di persone, diventando promessa e impegno a sconfiggere ovunque discriminazioni e violenze. A Londra la marcia è un fiume immenso di gente che attraversa il ponte sul Tamigi, scandendo in coro quel black lives Matter che unisce la protesta ad ogni longitudine, davanti al numero 10 di Downing Street, la residenza del primo ministro britannico, Boris Johnson, prendono vita gli scontri più violenti con la polizia. Nel video il momento in cui un agente viene disarcionato da un cavallo spaventato e imbizzarrito, a Madrid, quello che doveva essere solo un raduno di un centinaio di persone davanti all'ambasciata americana, in calle Serrano è diventata una manifestazione di migliaia di persone. Tanti i rappresentanti della comunità nera, in Spagna, che hanno raccolto l'appello sui social network. Anche a Parigi, Berlino, Tokyo, Seul, tanti, tantissimi i manifestanti. C'è una ragione per cui ho lasciato gli Stati Uniti dice questo ragazzo, e la ragione è il silenzio assordante, tipico di quella mentalità. Se le persone non parlano di un problema, spiega, il problema smette di esistere, non deve più essere cosi.