I cortei di Tabriz e poi a Qom. Da Qom a Teheran e poi dalla capitale fino all'ultima e definitiva tappa, Mashad, la città più sacra per l'Islam sciita. Quello di Ebrahim Raisi è una sorta di pellegrinaggio, che conferma da un lato il percorso profondamente religioso del Presidente iraniano, dall'altro è una prova di forza del regime, che vuole dare una dimostrazione tangibile di compattezza di fronte alla tragedia del suo vertice decapitato nell'incidente aereo. Per questo i cortei, le lacrime dei partecipanti, i sermoni infuocati che accompagnano il feretro di Raisi in una sorta di delirio mistico. Un tentativo anche di esorcizzare le incognite che gravano sul futuro della Repubblica Islamica. Su un punto però sono tutti d'accordo. L'Iran, oggi, non è affatto privo di una leadership. Ali Khamenei, la Guida Suprema, è il motore immobile della politica iraniana, Raisi solo un suo fedele esecutore. Non ci sono incertezze su quel che accadrà nell'immediato futuro. Il prossimo 28 giugno agli elettori si troveranno a scegliere tra una rosa di candidati che nulla potranno fare per cambiare la leadership degli ayatollah. Non solo, lo stesso Khamenei ha replicato infastidito a chi gli chiedeva se Raisi sarebbe potuto essere il suo erede come guida spirituale. I dubbi sulla sua preparazione teologica troppo pesante, la sua rozzezza dogmatica, lo rendevano un diligente secondo ma non sarebbe mai potuto essere un numero uno. Di qui, mentre le strade dell'Iran sono invase dai supporter del regime, ci si interroga su quale potrà essere il futuro della Repubblica Islamica in uno dei momenti più complessi della sua storia e di tutta l'area. Sarebbe però un errore considerare questo momentaneo smarrimento come un segno di debolezza, anche perché i pezzi continuano a essere posizionati con cura sulla scacchiera. Gli scacchi, non a caso, sono nati proprio in Persia. L'ayatollah Movahedi Kermani è stato eletto infatti per i prossimi due anni Presidente dell'Assemblea degli Esperti, l'organo che elegge o può destituire la Guida Suprema. È alle sue prossime mosse, più che all'esito delle urne, che bisognerà guardare con attenzione.























