Dopo la firma dell'accordo di coalizione in Israele per un governo che metterebbe fine a 12 anni ininterrotti di regno di Benjamin Netanyahu i 3 firmatari dell'intesa cercano un voto sulla fiducia in Parlamento, il prima possibile, Netanyahu non uscirà infatti di scena facilmente e userà i giorni da qui alla prossima sessione della Knesset, forse lunedì, per aumentare le pressioni sui deputati della destra suoi ex alleati e convincerli ad abbandonare la nuova maggioranza. L'anello debole è il partito di ultradestra Yamina proprio quello di Naftali Bennett che potrebbe presto diventare primo ministro attraverso l'opera del centrista Yair Lapid, architetto di questa fragile coalizione. Nonostante le differenze politiche il blocco è tenuto assieme da un obiettivo comune mettere fine all'era di Re Bibi, quando nel 2012 sull'onda delle proteste sociali nel paese Lapid fondò il suo partito, Netanyahu e la destra lo definirono un fenomeno social, l'ex giornalista e presentatore tv che tenta la via della politica. Alle elezioni del 2019 il suo movimento, laico e centrista, però stupì ottenendo 19 seggi. Lapid figlio d'arte dell'istrionico Tommy, ex Ministro della Giustizia, ferocemente laico, è oggi lo stratega di una coalizione in cui siedono sionisti religiosi e politici islamisti con pragmatismo è stato disposto a mettere da parte ideologie ma anche a sacrificare la premiership per ottenere questo accordo, prima di lui sarà infatti l'alleato nazionalista Bennet ad essere premier, nei primi due anni di legislatura. Se lunedì il Parlamento votasse la fiducia si entrerebbe certo in un periodo di cambiamento ma anche in un'era di governo difficile, otto partiti alleati con idee diverse su tutto, dal ruolo della religione nello stato alla pace con i palestinesi, dall'economia ai temi sociali, d'accordo però su un punto: in assenza di Netanyahu alla guida della destra anche in caso di nuove elezioni si aprirebbe in Israele un nuovo spazio politico.