Aveva scelto Port authority perché è uno dei terminal di passaggio principali a pochi passi da Times Square. Non solo pendolari, ma tanti turisti e, dunque, anche tanti poster e decorazioni a tema natalizio, che ben ricordavano i mercatini di Natale in Europa. Akayed Ullah, il bengalese di 27 anni che ieri ha fatto esplodere un ordigno rudimentale che indossava sotto il giubbotto nel cuore di Manhattan, aveva pianificato con attenzione il suo attacco. Il suo modello erano gli attentatori che avevano colpito il Vecchio Continente. Il suo movente la vendetta contro i bombardamenti americani in Siria sulle postazioni dello Stato islamico. La sua scuola internet e YouTube, da dove aveva preso le indicazioni per costruire il suo ordigno, anche se fortunatamente qualcosa non ha funzionato. Alla fine, Ullah ha ferito se stesso e in modo lieve altre tre persone, fra cui un poliziotto, ma poteva fare una strage. In quella stazione di autobus e metropolitana ogni giorno transitano più di 200.000 persone e alle 7.30, quando lui ha colpito, era piena ora di punta. Viveva a Brooklyn con la madre, la sorella e due fratelli e si è radicalizzato una volta arrivato negli Stati Uniti nel 2011. Aveva la Carta Verde ed era riuscito ad ottenere il visto grazie ai programmi di ricongiungimenti familiari, che adesso – ha spiegato il Presidente Donald Trump – vanno rivisti per garantire la sicurezza della Nazione e continuare a distruggere quella che la Casa Bianca ha definito “l’ideologia del male”. Al di là del dibattito politico, quello che resta, soprattutto a Manhattan oggi, è la paura per il secondo attentato in poco più di un mese, questa volta senza vittime, ma in un luogo simbolico che fa parte del quotidiano di ogni newyorkese: la metropolitana.