“Non c'è due senza tre” recita un vecchio adagio, ma che almeno la terza volta sia quella buona. È con questo spirito che il dittatore nordcoreano Kim Jong-un si è detto disposto a un terzo incontro con il Presidente statunitense Donald Trump, dopo che quest'ultimo aveva aperto alla possibilità di un nuovo faccia a faccia durante l'incontro di giovedì scorso con l'omologo sudcoreano Moon Jae-in. Condizione che però il vertice abbia luogo, avverte Kim, è che non si ripeta quanto accaduto nel fallimentare incontro di Hanoi con the Donald, che abbandonò la terra vietnamita, senza lo straccio di un'intesa. Che gli Stati Uniti, insomma, avanzino un'offerta accettabile sulla denuclearizzazione per un accordo entro la fine dell'anno, chiede Pyongyang, osservando che gli USA hanno avanzato richieste unilaterali e dovrebbero abbandonare questo approccio. Nelle ultime ore il leader nordcoreano ha spiegato che, alla luce di quanto accaduto a Singapore e ancora di più ad Hanoi, è stato costretto ad interrogarsi sull'opportunità di proseguire sulla strada fin qui intrapresa, considerato che gli Stati Uniti si sono presentati in Vietnam, parole del Presidente, con piani assolutamente irrealizzabili e senza una reale intenzione di sedersi a discutere faccia a faccia per risolvere il problema. Una rottura del dialogo, sottolinea ancora una volta Pyongyang, innalzerebbe il rischio di un ritorno alle tensioni del passato e a una destabilizzazione dell'intera area. Il mese scorso un alto funzionario nordcoreano aveva avvisato che il Presidente avrebbe potuto rivalutare una moratoria sul lancio dei missili e dei test nucleari in corso dal 2017, a meno che Washington non faccia concessioni concrete in termini di ammorbidimento delle sanzioni. La parola passa ora di nuovo alla Casa Bianca.