Non è una doccia fredda, perché in parte era stato messo in conto. E forse le parole della Guida Suprema, Ali Khamenei, non sono la pietra tombale dei negoziati, ma certo complicano una strada che già, fin dai primi passi, si era dimostrata accidentata. La contrapposizione storica tra Occidente e Iran sul dossier nucleare ha radici antiche: nella contrapposizione per la leadership regionale che vede da un lato la Repubblica islamica, che ha aderito al trattato di non proliferazione nucleare, dall'altro Israele, che invece avrebbe stoccato nel Negev un numero imprecisato di testate nucleari. La questione diventa critica negli anni '90, quando i rapporti del Mossad rivelano i presunti piani dell'Iran di dotarsi di un arsenale nucleare. Nel 2002 viene rivelata l'esistenza del sito segreto di Natanz. L'AIEA, guidata da Mohamed El Baradei, intraprende un lungo negoziato per le ispezioni in Iran che portano alla luce violazioni da parte di Teheran. Di qui le sanzioni della comunità internazionale. Nel 2015 la svolta. L'amministrazione Obama decide di sciogliere uno dei nodi più intricati della politica estera statunitense, e chiude l'accordo JPCOA tra Iran, Stati Uniti, UE, Cina e Russia. In cambio di ridurre l'arricchimento dell'uranio sotto la soglia del 3,67%, la Repubblica Islamica vede attenuarsi le sanzioni. Tre anni dopo, nuova amministrazione: Trump alla Casa Bianca decide il ritiro unilaterale dal JPCOA, e con un inasprimento delle sanzioni. Nel 2021 si riaprono le trattative sotto la presidenza Biden. Per quanto i negoziati si incaglino sul ritiro delle Guardie Rivoluzionarie dalla lista dei terroristi, non viene messo in discussione il diritto all'arricchimento dell'uranio. Tra il 2023 e i giorni nostri l'Iran avvia un programma di arricchimento spingendosi fino al 60%. Trump tende la mano all'Iran, sostenendo si tratti dell'ultima possibilità, minacciando di serie conseguenze la Repubblica degli Ayatollah. Anche in questa circostanza, però, The Donald pecca di ottimismo e Teheran, a fronte dell'atteggiamento a suo dire ondivago dell'amministrazione americana, manda un messaggio chiaro: l'arricchimento non può essere messo in discussione. In un primo momento del negoziato Witkoff sembrava averlo considerato. E così Khamenei lancia il suo, di ultimatum. .