Ottimismo e cautela, il secondo round di colloqui tra Stati Uniti e Iran per l'accordo sul programma nucleare si è chiuso con un bilancio positivo per entrambe le parti. L'incontro romano durato quattro ore nell'ambasciata dell'Oman, paese che fa da mediatore tra l'inviato della Casa Bianca Steve Witcoff e il Ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, ha portato la diplomazia a fare qualche passo avanti, ma la strada da percorrere è ancora tortuosa. Colloqui indiretti che pare abbiano fatto superare anche la perplessità sulle dichiarazioni contraddittorie dell'amministrazione Trump in merito al programma nucleare iraniano, frizioni che sembrano superate, che riguardavano soprattutto le modalità di svolgimento dei colloqui e il loro contenuto. Risultati non scontati nel secondo round di colloqui, i primi a livello così alto da quando Trump si ritirò nel 2018 durante la sua prima presidenza, dall'accordo siglato dall'amministrazione Obama nel 2015, considerato che alla vigilia dell'incontro Teheran aveva parlato di messaggi contraddittori dagli USA, chiarendo che il suo diritto ad arricchire l'uranio non è negoziabile dopo che Witcoff ne aveva chiesto la sospensione completa. Ed è proprio di arricchimento dell'uranio in Iran e di come assicurarsi la garanzia che gli Stati Uniti non si ritirino unilateralmente. Nella capitale anche il direttore generale dell'Aia Rafael Mariano Grossi, non direttamente coinvolto nel negoziato, ma che ha definito cruciale questa fase dei colloqui. Da parte di Teheran non è mancato poi un richiamo a chi vuole eliminare il negoziato, un chiaro riferimento ad Israele che intanto non esclude la possibilità di attaccare nei prossimi mesi siti nucleari in Iran, nonostante Trump abbia attualmente ritirato il suo sostegno ad un eventuale raid. L'appuntamento ora è per il 26 aprile in Oman. .