Amy Pope nel 2023 c'è stato un forte aumento di immigrazione lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Per quest'anno che è appena iniziato quali sono le vostre previsioni? "Sappiamo che le persone si spostano per tantissimi motivi. Ovviamente i conflitti hanno spinto molte persone al di fuori dei loro paesi. Ci sono stati tanti conflitti nell'ultimo anno. Le persone si spostano anche a causa dei cambiamenti climatici perché vivono in comunità vulnerabili a cose come per esempio la siccità che ha un effetto sull'agricoltura. Le persone non riescono a guadagnarsi da vivere. Quindi certamente ci saranno più migranti che cercano nuove opportunità". L'Unione Europea ha parzialmente riformato il regolamento di Dublino. Adesso è più facile l'espulsione di chi viene dai cosiddetti paesi sicuri. Qual è la vostra valutazione e quali possono essere le conseguenze di questa riforma? "È molto importante considerare il motivo per cui le persone si spostano. Sicuramente cercano delle opportunità economiche migliori. Però la vera risposta è doppia. Sicuramente cercano di svilupparsi rispetto alle comunità dalle quali provengono ma poi cercano anche di sviluppare nuovi percorsi, per esempio dei percorsi di lavoro regolare così che le persone possano trovare lavoro in luoghi sicuri e non mettere il loro denaro per esempio nelle mani dei trafficanti. Ecco, quindi bisogna considerare molti i fattori che fanno sì che le persone si spostino". È giusto ed è utile secondo lei andare a finanziare i paesi cosiddetti di transito per bloccare i flussi migratori? "Allora di per sé non è sufficiente. Dobbiamo capire da dove provengono le persone, dobbiamo vedere altre modalità di pensarci. Guardiamo per esempio i paesi vicini. Per esempio un paese come Gibuti ha visto un grandissimo flusso di migranti. È un piccolo paese nel Corno d'Africa. Arrivano i migranti a causa di conflitti, siccità, ed è un numero sempre crescente. Quindi supportare i paesi come Gibuti a gestire questi flussi è molto importante. Può essere una strategia molto inclusiva". Qual è la vostra valutazione dell'accordo che è stato raggiunto tra Italia e Albania per andare a ricollocare i richiedenti asilo proprio in territorio albanese? "Facciamo che mandare le persone indietro non è veramente la modalità giusta per risolvere il problema. Bisogna invece investire. Bisogna migliorare il sistema di asilo in tutto il mondo. Questa è la chiave. Bisogna capire da dove provengono le persone, dove transitano, come cerchiamo di coinvolgere dei partner su questo percorso e qual è il motivo per cui vengono. E spesso vengono perché non riescono a trovare un lavoro".