Tutti contro uno, solo l'unione di tutte le opposizioni poteva decretare la sconfitta del leader nazionalista ungherese Orbàn, al potere da quasi 10 anni e già premier nel passato fino al 2002. Alle amministrative che si sono svolte ieri il partito di Orban Fidesz ha subito una pesante sconfitta elettorale. Cruciale e simbolica la vittoria dell'opposizione a Budapest, dove il candidato dei verdi, l'ecologista di sinistra Karacsony, ha conquistato il 51% dei consensi davanti a Tarlos, al governo della città dal 2010, fedelissimo di Orbán, si è fermato al 44%. Il vincitore europeista convinto ha parlato di vittoria storica: “Budapest sarà green e libera! La riporteremo in Europa!” Nel cartello delle opposizioni sono entrati i centristi, i socialisti, gli ecologisti e in alcuni casi si è potuto contare sulla desistenza dell'estrema destra. Premiata, dunque, la strategia assolutamente innovativa dell'opposizione che ha costituito un cartello unitario per sfidare quasi ovunque il candidato del premier. Questo ha comportato uno schema di desistenze senza precedenti in un Paese dominato dalla formazione del premier conservatore populista e sovranista, in rotta di collisione con Bruxelles su immigrazione e stato di diritto. Il cartello delle opposizioni ha vinto anche in 10 delle 23 grandi città del Paese. Diverso esito in Polonia, dove alle elezioni politiche di ieri le desistenze fra diversi partiti di opposizione non hanno scalfito il partito sovranista di destra PiS del leader Kaczynski, che si conferma con la maggioranza assoluta alla Camera e probabilmente anche al Senato. Kaczynski potrà continuare, dunque, il suo corso conservatore, populista ed euroscettico. Dai dati diffusi finora emerge che il partito Diritto e Giustizia PiS ha il 46% dei voti, 8 punti in più rispetto alle precedenti elezioni. Il principale gruppo di opposizione, Coalizione civica, è al 25 %, mentre Sinistra si conferma al 12%. Entrano per la prima volta in Parlamento i nuovi nazionalisti di estrema destra di Confederazione che hanno ottenuto il 7% dei voti. E a rendere popolare il partito di Kaczynski è il suo programma di tutela del welfare. PiS ha introdotto riforme che minacciano lo stato di diritto. Quella della giustizia, per esempio, ha dato al partito di maggioranza un potere senza precedenti su procure e tribunali, eliminando la distinzione tra potere politico e giudiziario.