È un viaggio particolare quello in Canada, il trentasettesimo internazionale di Papa Francesco. Inizia il 24 luglio e tra le grandi città ci sono Edmontone e Quebec e l'ultima tappa è nel territorio delle popolazioni indigene. A differenza dalle altre non è una visita alla nazione e neppure una visita alla chiesa locale ma un viaggio per chiedere perdono proprio a loro, gli indigeni del Canada, le cui delegazioni Bergoglio ha già incontrato più volte a Roma tra fine marzo e i primi di aprile. Il senso del viaggio Francesco lo ha ribadito la domenica precedente alla partenza. "Come sapete verrò tra voi soprattutto nel nome di Gesù incontrare e abbracciare le popolazioni indigene. Purtroppo in Canada molti cristiani, compresi alcuni membri di istituti religiosi, hanno contribuito alle politiche di assimilazione culturale che in passato hanno gravemente danneggiato in diversi modi le comunità alternative e ora mi accingo a compiere un pellegrinaggio penitenziale". Un pellegrinaggio penitenziale dunque non un viaggio apostolico. Si stima che dal 1837, per oltre un secolo e mezzo, 150 mila bambini indigeni vennero tolti dalle famiglie, trasferiti dallo stato nelle cosiddette scuole residenziali, moltissime gestite da ordini religiosi che registravano una mortalità molto alta. La Chiesa ha collaborato a questo sradicamento delle radici e a suscitare scandalo è stato il ritrovamento di un'enormità di tombe di bambini attorno a queste ex scuole cattoliche. Questi giorni del Papa in Canada serviranno proprio per questo, per proseguire il difficile cammino di guarigione e di conciliazione della Chiesa con le popolazioni native.























