Dubbi non debbano esserci, l'obiettivo storico e morale di raggiungere la riunificazione con Taiwan, l'isola di fatto indipendente da oltre 70 anni, ma che la Repubblica Popolare Cinese continua a definire una provincia ribelle verrà raggiunto, ma ciò avverrà in modo pacifico attraverso il dialogo e il negoziato, a meno che qualcuno non voglia provocare Pechino e costringerla a difendere il suo territorio sovrano. Questo in sostanza il succo di un discorso ufficiale del leader cinese XI Jinping in occasione del centodecimo anniversario della cosiddetta rivoluzione Xinhai che all'inizio del Novecento pose fine all'ultima dinastia Qing aprendo la strada verso la prima Repubblica Cinese, quella di Sun Yat-sen. Di quella Repubblica e di quella nazione si sentono oggi eredi i cittadini di Taiwan, isola gestita con il pugno di ferro anticomunista del dittatore Chiang Kai-shek, ma che oramai da molti anni ha sviluppato una delle più avanzate democrazie dell'Asia e del mondo intero. Respingiamo ancora una volta questo linguaggio aggressivo, ha risposto la presidente di Taiwan Tsai Ing-wen, primo leader della storia cinese ad essere stato liberamente eletto e prima donna a guidare una nazione cinese. Il futuro di Taiwan è nelle mani del suo popolo. Nonostante le recenti provocazioni da ambo le parti, l'invio di consiglieri militari Usa a Taiwan e centinaia di violazioni dello spazio aereo dell'isola effettuate da Pechino, l'ipotesi di un acuirsi della tensione non sembra fra le più probabili. Usa e Cina sono entrambi consapevoli che una guerra potrebbe avere conseguenze disastrose per tutti e nel corso di un recente colloquio telefonico il presidente USA John Biden ha assicurato Pechino che intende rispettare il cosiddetto principio di una sola Cina.