È un piccolo passo per gli Stati Uniti ma un balzo gigantesco per l'amministrazione americana. Con un tratto di penna il Procuratore Generale, Merrick Garland, ha ordinato una moratoria sulle esecuzioni delle pene di morte per i reati federali. Non significa che l'America stia abolendo la sentenza capitale. La decisione del Ministro della Giustizia rientra nell'ambito di una revisione dei metodi attualmente permessi dalla sedia elettrica, alla fucilazione, fino all'utilizzo del Pentobarbital nelle iniezioni letali, con la motivazione che si adottino quelli il più possibile rispettosi dei diritti del condannato. Nel frattempo nessuna delle attuali 46 sentenze federali sarà eseguita, né altre saranno programmate. È vero che si tratta solo di una minima parte dei 2.500 condannati dalle varie Corti Statali che attendono l'esecuzione ma, al di là dei numeri, la sterzata della presidenza Biden rispetto a quella Trump è evidente. La precedente amministrazione aveva ripreso le esecuzioni interrotte negli ultimi 17 anni, portandone a compimento 13, più di ogni altra dal XIX secolo ad oggi. Anche se appena poche settimane fa il Dipartimento di Giustizia aveva chiesto di ripristinare la pena revocata per l'attentatore della maratona di Boston, Biden è il primo Presidente in carica a opporsi apertamente alla sentenza capitale e, da tempo, auspica che il Congresso approvi una legge per abrogarla. Cambiare convinzioni profondamente radicate e anche trasversali richiede tempo e, in un Paese dove le distanze sono enormi, le strade sono particolarmente lunghe. Un primo passo, però, è stato fatto.