Dopo il caso Regeni, le cui indagini stanno per chiudersi un'altra vicenda divide Roma e il Cairo. Quella di Patrick Zaki, lo studente egiziano dell'università di Bologna accusato di propaganda sovversiva per una decina di post su Facebook. Il suo legale ha annunciato che all'esito dell'udienza il giovane dovrà scontare altri 45 giorni di carcere. Intanto un altro caso giudiziario sta prendendo una strada senza ritorno. Le indagini sulla morte di Giulio Regeni ritrovato senza vita sull'autostrada del deserto tra la capitale egiziana e Alessandria saranno chiuse entro il 4 dicembre e notificate gli atti ai cinque agenti della National Security egiziani sospettati di essere responsabili del sequestro e dell'uccisione di Giulio Regeni. Questo nonostante l'Egitto non abbia mai risposto alle rogatorie inviate dai magistrati romani che si sono dovuti scontrare con silenzio e omertà sconcertanti a difesa dei loro servizi segreti. Ora, però, dovranno vedersela con un processo anche se potrebbe tenersi solo in contumacia. Il portavoce di Al-Sisi avrebbe referito che il Presidente già da tempo ha impartito istruzioni a tutte le autorità egiziane a cooperare pienamente con le controparti italiane per giungere alla verità e che la collaborazione tra le due magistrature è senza precedenti nella storia giudiziaria del suo Paese. Nel frattempo il caso Zaki è seguito con attenzione dall'ambasciata d'Italia al Cairo.